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Divide et impera. Logiche e tecniche della rapidità al tempo del web.

·916 parole·5 minuti
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Mi è capitato spesso di ricevere chiamate e messaggi che mi segnalavano l’arrivo imminente di una mail, più probabilmente la già avvenuta ricezione. Siamo troppo lenti per le e-mail, lo sappiamo, e non manchiamo di ricordare ai nostri destinatari che lo sono anche loro.

Da dove deriva la rapidità (quasi immediatezza) tecnica di Internet?

Dal punto di vista tecnico internet funziona grazie alla commutazione di pacchetto. Tale marchingegno, a differenza della commutazione di circuito che governa l’utilizzo dei telefoni, ottimizza l’impiego della rete perché permette a più stazioni la trasmissione di diversi messaggi sullo stesso canale.

Se nessuno ha capito non c’è problema, wikipedia forse lo dice anche peggio.

Partiamo da un pochetto più lontano. La struttura di Internet (INTERconnected NETwork) è una struttura a network, ovvero una struttura simile al cervello umano, all’interno del quale “i neuroni e loro collegamenti sono molteplici e sovrabbondanti, in modo che la morte di un neurone o la caduta di un collegamento possa essere riparata attraverso l’uso di altri collegamenti”1.

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Rappresentazione delle possibili configurazioni di network. Internet si basa su una struttura di network distribuita (insomma quello più a destra). Immagine tratta da Baran, P., On distributed communications networks, 1962, P-2626, RAND Corporation, http://www.rand.org/content/dam/rand/pubs/papers/2005/P2626.pdf.

Per inviare un messaggio da un punto all’altro di questa rete la tecnologia di Internet suddivide il messaggio stesso in tante piccole parti, le spedisce attraverso tutti i possibili canali e ricompone il messaggio nel nodo di arrivo. La sostanziale rapidità di Internet è quindi dovuta alla sua stessa logica tecnica, basata sulla suddivisione di ciascun problema in piccole parti, le quali vengono spedite verso destinazione attraverso tutte le possibili strade libere, in un sistema in cui la strada più breve non è assolutamente la più veloce e in cui ciascun nodo (pure i nostri computer) fungono da stazioni intermedie di interscambio dati. I due aspetti che emergono in questo sistema di scambio di dati sono fondamentalmente due, e hanno degli effetti non indifferenti sulle modalità con cui comunichiamo e produciamo informazione oggi sul web: la modularità e la ricombinazione.

La modularità (la riduzione di una entità a moduli finiti e indipendenti che operano in maniera indipendente ma che uniti insieme formano entità più complesse)  è alla base della commutazione di pacchetto che permette alle informazioni di essere scambiate tra un nodo e l’altro. Attraverso il protocollo TCP/Ip l’informazione di partenza (ad esempio una mail) viene suddivisa in tante parti uguali (i pacchetti per l’appunto) e ad ogni pacchetto viene dato l’indirizzo del nodo di arrivo (l’indirizzo IP). I pacchetti viaggiano separatamente, sfruttando tutto il potenziale del network, spostandosi da un nodo all’altro finché non raggiungono il nodo di arrivo. In corrispondenza del nodo di arrivo i pacchetti vengono ricompattati e l’informazione viene trasmessa al destinatario. Ciò permette di non intasare le linee dirette tra un nodo e l’altro (come nella commutazione di circuito, quella del telefono insomma) ma di sfruttare tutte le linee momentaneamente inattive per far passare i vari pacchetti. Si sfrutta dunque una proprietà intrinseca dell’architettura di Internet (la struttura a network) massimizzando i vantaggi dati da essa. Il secondo fondamento è la ricombinazione. Anch’esso è contenuto nello stessa infrastruttura: “ogni volta che inviamo una e-mail, gli elaborati algoritmi invisibili del server decidono il percorso che il nostro messaggio seguirà attraverso la rete globale allo scopo di arrivare con il minimo intralcio e la massima velocità”2. Si tratta dunque di un processo di continua miscela e ricombinazione di percorsi, un po’ come quando il navigatore satellitare ricalcola il percorso se sbagliamo a svoltare ad un incrocio, solo che nell’internet succede di continuo e le variabili in gioco che governano le scelte sono infinite… Si noti come in realtà la modularità e la ricombinazione siano anche alla base dello sviluppo biologico della vita (la ricombinazione dei filamenti di DNA durante la riproduzione e la composizione dei filamenti stessi, composte da proteine, composte a loro volta da entità uniche, finite, gli amminoacidi ricombinati insieme).

Ma cosa c’entra con la rapidità e con la comunicazione tutto questo?

Abbiamo parlato negli scorsi articoli del tempo di Mercurio, legato all’immediatezza e all’intuizione, e al tempo di Vulcano, il tempo della sedimentazione. La logica tecnica di Internet si basa sulla modularità, l’operazione di suddividere tutto in piccole parti e spedirle veloci attraverso la rete, e la ricombinazione, la capacità della rete di gestire tutti questi frammenti e di ricomporli correttamente per creare di volta in volta messaggio completi.

Attualmente comunichiamo in questo stesso modo. Attraverso Twitter, ad esempio, mandiamo moltissimi Tweet che, per loro stessa natura, hanno entità modulare: sono unici, indipendenti, nella maggior  parte dei casi comprensibili per essi stessi. Ma se vogliamo comunicare in maniera più complessa, più stratificata con lo stesso strumento?

Possiamo ad esempio usare Storify, ovvero ricomporre, secondo criteri che decidiamo noi, tutta una serie di tweet, per andare a creare, attraverso una operazione di ricombinazione, una nuova narrazione. Abbiamo la possibilità di far convivere il tempo di Mercurio con il tempo di Vulcano e la sfruttiamo ogni giorno, e questa possibilità deriva direttamente dallo strumento che utilizziamo, non viceversa.

Il fatto che, nonostante tutto, anche l’operazione di ricombinazione, legata alla sedimentazione e alla riflessione, ci paia comunque molto veloce è una questione relativa, cui nostro malgrado sembrerebbe che ci si debba abituare.


Scritto da Andrea Rosada | @_caporosso


(1) Berra M., Meo R. (2001), Informatica solidale. Storia e prospettive del software libero, Bollati Boringhieri, Torino, p. 123.

(2) Kelly, K. (2011), Quello che vuole la tecnologia, Codice Edizioni, Torino, p. 319.