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La matematica di N

S03E06

“…Rien ne serait incertain pour elle, et l’avenir, comme le passé, serait présent à ses yeux.”1

Che N fosse un tipo normale lo sapevano tutti nel condominio.

Il giorno in cui si era trasferito nell’appartamento, in pochi avevano notato il nuovo inquilino: c’era un gran trambusto quella mattina a causa dell’arrivo di π – ma probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto in ogni caso.

Π: Per favore amici, per favore lasciatemi respirare.

1,27,3,61,4,34,9,752,5796: Signor π, ci faccia quel giochetto, la preghiamo! Siamo venuti fin qua apposta!

Π: Oh che scocciatura! Solo per voi, ma che sia l’ultima volta: A=πr2

61: Ha visto, 34, ci è riuscito ancora!

34: Sì, è incredibile, ogni volta gli viene l’esatta area di un cerchio di raggio 1. Sinceramente pensavo che con tutto questo caos non ce l’avrebbe fatta, e invece…

Π si trovava in via Bagutti per presentare il suo nuovo romanzo: “Costantemente io”,  il secondo volume della sua trilogia. Il primo, “Strettamente positivo”, aveva scalato le classifiche dei libri più venduti al mondo e, a breve, ne sarebbe uscito  il film. Tradotto in più di cento lingue, il best seller gli era valso la celebrità.

Tutto questo, però, non era motivo di interesse per N. Già dai tempi dell’aritmetica, N sapeva che π avrebbe sempre trovato l’area esatta di un cerchio, e non riusciva nemmeno a spiegarsi tanto clamore per una questione così semplice. Utilizzando quella formula, π non avrebbe mai potuto commettere un errore, anche nel caso in cui lo avesse voluto. L’unica cosa che interessava N era il caos: ne era sempre stato attratto, in ogni sua forma, e tutta quella folla gli dava un gran senso di pace. Al contrario, l’esattezza di π, a suo parere, non era che la norma in un mondo in cui ogni numero naturale maggiore di 1 poteva solamente essere un numero primo o, al massimo, il prodotto di numeri primi. E questo N lo sapeva sin da quanto era solo una n.

A quel tempo, come tutti i ragazzini, n era molto vivace: saltava da un’operazione all’altra portando scompiglio tra i fattori e tentando di modificarne l’esito  – eppure, il risultato che otteneva era sempre esatto. Che si trovasse in una sottrazione, un’addizione, una moltiplicazione o una divisione, ne veniva fuori sempre il medesimo, prevedibile risultato: n=2 è primo, quindi soddisfa quanto enunciato ed è esatto. Quante volte si era sentito ripetere questa frase!

Non che non si impegnasse nella sua ricerca:

n: Aspetta, aspetta… e se faccio così: n+1?

Euclide: Ci sono due possibilità: o sei primo, oppure divisibile per un numero α compreso tra 2 e n.

n: Ah! Ce l’ho fatta!

Euclide: Eh no, mi spiace, anche in caso fossi divisibile per α, per l’ipotesi induttiva o sei primo oppure α ha un divisore primo, quindi questo soddisfa quanto enunciato ed esso è esatto.

Certo, non era compito da poco quello che si era prefisso N. Anche se la sua stessa natura gli impediva di sbagliare, N non voleva arrendersi all’esattezza: era sicuro che fosse solo questione di tempo, che infine qualcosa sarebbe andato storto, e questo  lo spingeva a introdursi furtivamente in ogni formula, ogni teorema.

L’irrequietezza tipica dello sviluppo algebrico poi, aveva aumentato a dismisura il suo irrefrenabile desiderio di fallimento. Un monomio non poteva essere sufficiente, troppo facile… un binomio, forse…

≅N: (1+x)n=1+nx1!+n(n-1)x22!+…, vado avanti?

Newton: 

≅N: (n0)an+1 + k=1n(n+1 k )an+1-kbk +(n n )bn+1=(n+1 0 )an+1+k=1n(n+1 k )an+1-kbk+(n+1 n+1 )bn+1…ne vuoi ancora?

Newton: Ancora, sì, ancora.

≅N: (a+b)n+1 = k=0n+1(n+1 k )a(n+1)-kbk. Ecco qua, e adesso?

Newton: E adesso è perfetto! Hai ottenuto l’espressione formale dello sviluppo della potenza successiva del binomio, questo conferma che la mia tesi sulla teoria binomiale è ESATTA!

≅N: Ma come esatta? Esatta cosa? Io andavo a caso!

Le cose non erano migliorate con la geometria, sia piana e sia solida. N sperava che almeno con la trigonometria qualcosa ne sarebbe venuto fuori, ma niente. Figuriamoci poi l’analisi: non lo aveva aiutato per nulla. Aveva tentato di spiegare quanto darsi la possibilità di fallire fosse essenziale alla sua esistenza, ma a poco erano valse le sue lamentele:

N: Si però, forse…no?

Spinoza: Antequam ad ipsas propositiones, earumque demonstrationes accedamus, visum fuit in antecessum succinctè ob oculos ponere, cur Cartesius de omnibus dubitaverit, quâ viâ solida scientiarum fundamenta eruerit, ac tandem quibus mediis se ab omnibus dubiis liberaverit: quae omnia quidem in ordinem mathematicum redegissemus, nisi prolixitatem, quae ad id praestandum requireretur, impedire judicavissemus, quominùs haec omnia…

N: Scusa??!

Spinoza: L’ordine matematico non si discute!

N: Ah…

***

N: E se per caso…

Kant: Sapere aude!

N: Per carità, mi trova d’accordo, ma che c’entra questo adesso?

Il peggio era venuto con Laplace:

N: Quindi secondo te non c’è nessuna probabilità che…

Laplace: Pr (il sole sorga domani)= s+1n+2

N: Quindi?

Laplace: quindi, successo o insuccesso, non c’è possibilità di fallire. Per un intelletto che ad un determinato istante dovesse conoscere tutte le forze che mettono in moto la natura, e tutte le posizioni di tutti gli oggetti di cui la natura è composta, nulla sarebbe incerto ed il futuro, proprio come il passato, sarebbe evidente davanti ai suoi occhi.

N:

L’apice del determinismo era stato un duro colpo per N. Se effettivamente il mondo in cui viveva era tanto perfetto da poter riconoscere esattamente il passato e prevederne il futuro senza errore, probabilmente tutto ciò che gli rimaneva da fare era arrendersi a questa condizione. Ci era voluto tempo prima che si riprendesse, il suo spirito gli diceva di proseguire nella ricerca, ma la sua natura deterministica lo frenava. Era probabile che tutto quello per cui aveva combattuto non fosse valso a nulla, probabilità che aveva peraltro contribuito a razionalizzare in una formula matematica.

Forse gli serviva solo un altro po’ di tempo o uno spazio più adeguato per riflettere. O, probabilmente, entrambe le cose.

Il tempo. Lo spazio. Entrambe le cose…

N: Pensavo…

Heisenberg: Pensavi a cosa?

N: Pensavo al tempo e allo spazio. Conosci la meccanica quantistica?

Heisenberg: Beh, direi!

N: E cosa dicono le leggi quantiche a riguardo?

Heisenberg: Che nell’ambito della realtà, le cui connessioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono a una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere quindi è piuttosto rimesso al gioco del caos.

N: Come…come? Potresti ripetermi l’ultima frase, per favore?

Heisenberg: L’accadere quindi è piuttosto rimesso al gioco del caos. Perché?

N: Nulla. Ripetimi ancora l’ultimissima parola, ti prego…

Heisenberg: Caos?

Questo soddisfa quanto enunciato ed è caos.


Scritto da _Francesco La Rocca _| @Brundtland


(1) Démon de Laplace, Essai philpsophique sur les probabilités, Parigi 1812.